Lacco Ameno - Villa Arbusto
agosto 2012
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venerdì 3 agosto 2012
Un'amica ci invia la più bella poesia di Montale...
Ascoltami,
i poeti laureati
si
muovono soltanto fra le piante
dai nomi
poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per
me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi
dove in pozzanghere
mezzo
seccate agguantano i ragazzi
qualche
sparuta anguilla:
le
viuzze che seguono i ciglioni,
discendono
tra i ciuffi delle canne
e
mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio
se le gazzarre degli uccelli
si
spengono inghiottite dall'azzurro:
più
chiaro si ascolta il sussurro
dei rami
amici nell'aria che quasi non si muove,
e i
sensi di quest'odore
che non
sa staccarsi da terra
e piove
in petto una dolcezza inquieta.
Qui
delle divertite passioni
per
miracolo tace la guerra,
qui
tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è
l'odore dei limoni.
Vedi, in
questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano
e sembrano vicine
a
tradire il loro ultimo segreto,
talora
ci si aspetta
di
scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto
morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo
da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo
di una verità.
Lo
sguardo fruga d'intorno,
la mente
indaga accorda disunisce
nel
profumo che dilaga
quando
il giorno più languisce.
Sono i
silenzi in cui si vede
in ogni
ombra umana che si allontana
qualche
disturbata Divinità.
Ma
l'illusione manca e ci riporta il tempo
nelle
città rumorose dove l'azzurro si mostra
soltanto
a pezzi, in alto, tra le cimase.
La
pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
il tedio
dell'inverno sulle case,
la luce
si fa avara - amara l'anima.
Quando
un giorno da un malchiuso portone
tra gli
alberi di una corte
ci si
mostrano i gialli dei limoni;
e il
gelo del cuore si sfa,
e in
petto ci scrosciano
le loro
canzoni
le
trombe d'oro della solarità.
[da
Ossi di seppia, 1925]
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